Tensione e minacce per i calciatori dell’Iran alla vigilia del match decisivo contro gli USA, ma la FIFA resta inerme. Cosa succede in Qatar.
Il Mondiale in Qatar sta dividendo sempre di più l’opinione pubblica. Se prima che iniziasse si sprecavano i proclami su boicottaggi e disinteresse, ora molti sembrano aver sepolto l’ascia di guerra e hanno ceduto. Eppure i problemi contestati all’organizzazione dell’evento non sono spariti, anzi. Il bersaglio principale delle critiche ovviamente è la FIFA. Infantino ora si trova messo di fronte ad un’altra situazione scomoda, di cui si era parlato a lungo anche prima dell’inizio della manifestazione. Per quanto ancora la questione Iran potrà essere ignorata? Ciò che è accaduto alla vigilia del match di oggi contro gli USA è sconcertante.
Qatar 2022 in un modo o nell’altro passerà alla storia, ma in realtà lo è già. Una storia di poche luci e molte ombre, in cui si rincorrono casi e temi leggeri, alternati ad altri di ben altro peso o gravità. Le vicende del campo o dei commenti tecnici però spariscono di fronte a situazioni come quella che sta vivendo la selezione dell’Iran, con i calciatori che hanno letteralmente subito minacce atroci.
Eppure la situazione era stata fatta presente alla FIFA, già da prima che il Mondiale iniziasse. Tant’è che in più di qualcuno aveva anche auspicato un’estromissione della nazionale iraniana, magari a favore di un ripescaggio dell’Italia. Qui però i calciatori sono le vittime, mentre il carnefice è ben noto.
Calciatori dell’Iran minacciati in Qatar, ma la FIFA che fa?
In principio si era parlato di esclusione dell’Iran dal Mondiale in Qatar per l’accusa di aver fornito armi alla Russia nell’ambito del conflitto con l’Ucraina. Come sappiamo poi non se n’è fatto più nulla, ma le polemiche non sono finite lì, tutt’altro. Nel frattempo il regime iraniano ha attirato su di sé lo sdegno ed il disprezzo di gran parte del pubblico anche per la questione di Elnaz Rekabi, l’atleta sparita perché non aveva indossato correttamente il velo, oltre che per la repressione delle proteste per la morte di Mahsa Amini, volte a lottare per i diritti delle donne.
Ecco perché nel primo match contro l’Inghilterra, durante l’esecuzione dell’inno dell’Iran si sono sentiti fischi, ma soprattutto i calciatori hanno scelto di non cantare. La scelta degli atleti però ha fatto molto rumore in patria e già nella partita successiva, quella vinta contro il Galles, qualche timido bisbiglio si è visto. Ora però tutto è tristemente più chiaro. E’ emerso grazie ad un articolo d’inchiesta di CNN che i calciatori iraniani sono stati avvisati da emissari del regime di Teheran, che se proveranno a non cantare l’inno o aderire a qualsiasi altra forma di protesta, le loro famiglie subiranno pesanti ripercussioni quali violenza e torture.
Il regime ha inoltre inviato diversi agenti del Corpo delle guardie rivoluzionarie iraniane (IRGC), che tengono sotto stretto controllo i giocatori, ai quali è stato proibiti di socializzare con stranieri. Il regime sta inoltre pensando di inviare degli attori che vadano a tifare per la nazionale iraniana per “controbilanciare” le proteste.