Gianni Minà ha lasciato un grande vuoto nelle coscienze di molti. Un esempio di giornalismo e capacità: l’omaggio dei tifosi del Toro.
Gianni Minà ha raccontato lo sport e la storia come nessun altro. Giornalista, analista e fine commentatore del mondo contemporaneo ha saputo incarnare il credo di molti analizzando pregi e difetti di un universo in espansione. Italia, Sudamerica e tanto altro, ma nel cuore sempre Torino. Il vecchio cuore granata non tramonta mai. Allora Gianni Minà sapeva sempre che casa faceva rima con Maratona, una d in meno di Diego ma ugualmente importante come la curva del Toro sempre pronto a rialzarsi nei momenti difficili.
Apprezzava anche questo Gianni, il primo a parlare con Ronaldo il fenomeno e l’ultimo ad ammainare un certo tipo di bandiere. Quella granata e quella rossa, due scale tonali diverse, il medesimo ardore. Lo stesso che mettono oggi i tifosi del Torino nel salutarlo un’ultima volta al Filadelfia: tutti per lui. La sintesi in uno striscione che sa di buono: “Ciao, Gianni, vecchio cuore granata” si legge. Sempre dalla stessa parte, come cantava De Gregori, fra i suoi preferiti insieme a Bennato, di quelli a cui non si smette di voler bene.
Un saluto doveroso che culmina alla camera ardente in Campidoglio. Dove troneggia una maglia del Torino. Vessillo che porterà sino in paradiso: luogo in cui un Blitz, per citare uno dei suoi cult televisivi, non mancherà di sicuro. Alla prossima partita, non smetteranno di pensare a lui. I tifosi, ma anche i semplici appassionati e fautori di una certa cultura. Minà era di tutti, pur rimanendo per pochi. Forse è questo il suo insegnamento più grande che resta anche sulle tribune del Filadelfia. La Maratona ringrazia a suo modo: il momento dei titoli di coda per dar spazio a un altro film, stavolta senza tempo, quello dei ricordi.
Minà del calcio amava le contraddizioni. In grado di animare tutto e il contrario di tutto. Per questo omaggiava con garbo e riverenza Maradona, in grado di cambiare il mondo con un palleggio e amava la Torino tenace e volitiva in grado – se solo aveva voglia – di arrivare in Europa. La foto con Belotti: l’ultimo canto del Gallo che poi scelse la Roma, per Minà non era un affronto, ma una semplice – per quanto intensa potesse dirsi – esigenza del mercato moderno. Minà, invece, era vintage e profondamente avanguardista. Un ossimoro che insegna ovunque: sugli spalti di uno stadio o alle porte del paradiso.
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