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PAOLONI: “FUI TRATTATO COME UN CRIMINALE, DOPO L’ASSOLUZIONE NESSUNA SCUSA. SCOMMESSE FENOMENO DIFFUSO”

Marco Paoloni racconta il suo caso dopo l'assoluzione

Marco Paoloni, ex giocatore , è intervenuto ai microfoni di TvPlay.it.

“IO ERO GIÀ SCONFITTO, VOLEVANO CHIUDERE IL CASO MEDIATICO” – “Otto anni sono lunghi, meglio partire dal 2011, l’assoluzione è stato il giorno in cui mi sono un po’ ripreso a livello umano e di immagine. Ho passato anni bruttissimi e la vicenda di questi giorni è simile a quella che è successa a me. Sono felice che la ludopatia sia ora riconosciuta come malattia, nel 2011 non era così. Il gioco non era riconosciuto come dipendenza. Questo elemento è molto importante. Fagioli ha preso sette mesi perché ha collaborato, non tanto in quanto ludopatico. La giustizia sportiva funziona un po’ in questo senso qui, se dici quello che vogliono sentirsi loro ti abbassano la pena, fu proposto anche a me stile ricatto. La mia e la sua sono due situazioni simili e riverse, lui ha solo la violazione del codice 24, io avevo accuse molto molto più pesanti. Lo vidi come ricatto perché, quando ti metti seduto con dei procuratori federali che ti dicono ‘o dici questo o ti diamo il massimo della pena e ti radiamo’ parti già sconfitto, con la Procura Sportiva ognuno di noi parte sconfitto. Io Marco Paoloni, che non ero nessuno, sono partito sconfitto. Il tempo ci ha dimostrato che non è così per tutti quanti. Riguardo il discorso mio, hanno mantenuto la parola data, dandomi 5 anni con proposta di radiazione perché, secondo loro, non ho collaborato. Per me collaborare è dare informazioni che uno sa, non dare informazioni per fare chiudere il caso mediatico e permettere alla giostra calcio di continuare. Avevo 27 anni, non avevo mai avuto problemi e il calciatore non è abituato a queste situazioni. L’ho pagata fino all’ultimo, nel 2019 sono potuto rientrare nel mondo del calcio, ma mi hanno precluso la carriera. La sentenza per me è arrivata dopo 20 giorni, aveva suscitato parecchio scalpore il caso, c’erano i campionati che dovevano cominciare e si è chiuso tutto in fretta, ma come sempre, forse solo con la Juventus è durata un po’ di più. Sono frettolosi perché c’è da chiudere un cerchio e far cominciare un gioco, che è lo sport nazionale italiano ma che fa entrare anche tanti tanti soldi”.

“MI RAPPRESENTARONO COME UNO DEI PEGGIORI BOSS” – “Ho subito tanto sulla mia pelle io così come i familiari o le poche persone che mi sono rimaste vicino. L’indagine parte dalla procura di Cremona per una denuncia fatta dalla Cremonese per i fatti della partita con la Paganese. Io ero portiere della Cremonese. Alcuni giocatori dopo la partita si sono sentiti male. Io ero stato il migliore in campo, avevamo vinto 2-0. Il tutto nasce dalla denuncia del direttore sportivo. I processi si fanno in tribunale, se devo fare un confronto tra il 2011 e oggi è diverso, però oggi abbiamo nomi importanti. Da un lato sono contento che è migliorato su questo punto, ma io sono stato buttato in prima pagina su tutti i giornali con foto con le manette, rappresentato come il peggior boss. Una cosa molto grande. Vedo che è cambiato un po’ e questo mi fa contento, non difendo i ragazzi, se uno ha sbagliato paga, ma buttare fango su persone a livello mediatico e quindi additare e diffamare, soprattutto sui social ad oggi, è un rischio. Quello che ho passato io è difficile, momenti molto brutti a livello di immagine, ho tre figli, all’epoca avevo una figlia, le ho dovuto spiegare certe cose. Qui in Italia siamo abituati a fare prima il processo mediatico, poi quello vero”.

“NESSUNO MI HA CHIESTO SCUSA PER NON AVER VERIFICATO” – “Con il tempo ho capito in che sistema viviamo. Hanno fatto un film, una storia per farmi passare per quello che dicevano loro, io non ero un fenomeno, ma per la B e la C ero un buon portiere. Per fortuna ho fatto pochi errori. Hanno fatto vedere un errore che oggi con il VAR non sarebbe forse nemmeno tale. È venuta Mediaset per quello episodio, prima volta che Mediaset scendeva in C, per far vedere che c’era un fallo di Vannucchi su di me in quel Cremonese-Spezia, ma a prescindere dal fallo, devi far vedere la partita, se parli di Cremonese-Paganese devi fare vedere quella, non una partita che non c’entra nulla perché lì ho commesso un errore. Nessuno è venuto mai a chiedermi scusa per non aver verificato. Fino agli ultimi dieci giorni del dibattimento, perché poi il processo è durato tantissimo, otto anni, l’avvocato mio, mi disse che stavano succedendo cose mai viste, per esempio il pm disse che si poteva a un certo punto patteggiare, cosa che fai all’inizio di solito, non dopo sei anni. Io sono stato l’unico giocatore che ha mantenuto sempre una linea, con l’assoluzione mi sono preso una bella rivincita. È stata fatta un’indagine con poche prove, è stato spiattellato tutto a livello di media, i magistrati si andavano a fare le interviste sui giornali, cose mai viste, c’era molto clamore mediatico sulla cosa. Io ho sempre mantenuto la mia linea, non sono un delinquente”.

“HO PENSATO DI FARLA FINITA” – “L’impatto per la mia vita è stato notevole in negativo al 90%, c’è un 10% di positivo perché sono cambiato anche io, ho visto la realtà. I calciatori vivono una bella vita sia in A che in B che in C, non hai valori, è una vita ovattata, hai tutto, non ti manca niente e ti senti onnipotente, che nessuno può farti niente. Gira tutto lì. Su qualunque media sono stato passato come il portiere narcotizzatore, ancora prima di una sentenza. Mi sono separato dalla mia ex moglie, non mi ha fatto vedere mia figlia per quattro anni. Da guadagnare intorno ai 16/17 mila euro mensili a non guadagnare niente, ad aver perso oltre al lavoro la passione, all’inizio non mi ero neanche reso conto di quello che era successo. Ho pensato anche di farla finita, sono andato in terapia, la psicologa, alla fine del percorso mi disse che era contento perché le situazioni che mi erano state create in breve tempo senza un carattere forte e tale da farsi scivolare le cose addosso potevano portare anche a un gesto estremo”.

“SCOMMESSE NEL CALCIO FENOMENO DIFFUSO” – “Sì, avevo problemi con il gioco. Sono cresciuto nella Roma e ho fatto panchine in Serie A e Champions, senza mai giocare, poi sono sceso in B e in C, quello che succede è uguale però in tutte le categorie, tutti sanno tutto. Io all’epoca stavo alla Cremonese e si sapeva del mio problema, così come io sapevo di tanti altri. Oggi come allora scommettere era un problema diffuso, parlo di scommesse sul calcio. Chi ti dice che chi scommette non scommette sul calcio ti dice una cavolata. Purtroppo, è un fenomeno diffuso. Un fenomeno che non si può combattere anche con più restrizioni poi c’è una bella differenza tra scommettere e vendersi le partite. Chi scommette nello spogliatoio si sa, ci dovrebbero essere persone incaricate da società e federazione per aiutare i ragazzi, non aspettare che esca il casino a livello nazionale, lo devono prevenire”.

“SONO STATO IL PRIMO A FAR SMUOVERE IL DISCORSO SULLA LUDOPATIA” – “È una dipendenza, una malattia, quando è così non puoi dire ‘basta che smetti’. Se uno scommette a livello di amici, gioca la Champions, la Serie A, ti fai la schedina una volta ogni tanto va bene. Quando è compulsivo diventa una dipendenza, secondo me è sbagliatissimo dire che basterebbe non scommettere. Io ci sono passato sul gioco, una persona può passarci per l’alcol, un’altra per la droga. Ognuno di noi per giudicare deve aver vissuto lo stesso problema, per conoscerlo bene o studi veramente tanto o ci sei passato, per me per esempio è semplice dire ‘non bevo’, per un dipendente dall’alcol no. La dipendenza dal gioco è stata riconosciuta nel 2013, sono stato il primo a far muovere tutta questa situazione, non è una cosa positiva ma dopo fu appunto riconosciuta come dipendenza”.

“GLI ALLIBRATORI SCELGONO CERTI GIOCATORI APPOSTA” – “Dal 2008 ho iniziato a giocare, leggo dai giornali che a Fagioli l’app è stata passata da un altro giocatore, identico io, un giocatore dell’Ascoli mi ha fatto vedere questo mondo, non avevo mai scommesso prima, era un sito online illegale. Da lì ho iniziato con il poker. La storia vera e propria non è mai uscita, ho scritto un libro, mi ha portato a un indebitamento che ho pagato, nel senso, c’è anche da andare a fare un discorso sulle persone e come ti portano dentro al giro. C’è una serie di persone che lucrano su questo problema, ho sentito di recente telefonate che mi hanno fatto venire i brividi, mi hanno fatto ripensare a fatti del 2010, vanno loro a scegliere i giocatori. Io perdevo, ma ho sempre pagato, l’allibratore poi, scommettevo con lui via cellulare e poi ho capito che era tutto studiato, mi è venuto a dire che il debito era superiore a quello che era realmente. Lì è iniziato tutto il circuito di minacce ed altro, tutto questo comunque senza vendermi nessuna partita. Questa persona mi ha detto che per uscire dalla mia vita gli dovevo dare un Over in Serie A, io a un certo punto volevo solo che se ne andasse, gli diedi un Over per Inter-Lecce, ma non sapevo che questa persona aveva dietro certe cose, a Singapore si giocarono 3 milioni di euro, perché questa persona poi si è venduto il risultato ad altri, ma io non lo sapevo, mi stava ricattando e volevo solo mandarlo via dalla mia vita, quindi gli diedi il risultato a scatola chiusa, a saperlo non lo avrei fatto. Il mio errore più grande è stato quello di non denunciare subito. A maggio faccio una denuncia ai carabinieri di Civitavecchia, l’inchiesta però era già avanti e al primo giugno scattò poi tutto quello che sapete. Inter-Lecce finisce 1-0 con gol di Pazzini. Quindi questa persona mi disse che era scoppiato un macello e che dovevo far rientrare la situazione in prima persona. C’era Benevento-Pisa, eravamo una squadra forte, facevamo molti gol, subivamo anche molte azioni, ma prendevamo pochi gol perché comunque paravo. Gli dissi che sarebbe finita Over, poi però quando scendo in campo io entro in un mondo mio, mi sentivo me stesso nonostante i mesi che stavo vivendo. Anche in quella partita lì non ce l’ho fatta, tant’è che vinciamo 1-0, paro anche il rigore a Carparelli. Poi ovviamente mi sono chiesto ‘adesso come faccio?’, ma io vivevo per il calcio, la gente che gridava il mio nome. Non stavo bene mentalmente, in campo però facevo quello che sapevo fare, quindi il portiere professionista. Poi fuori dal campo mi chiama questa persona, un macello, mi inventai che c’era la Procura Federale allo stadio per liberarmene. Negli interrogatori mi dissero che sospettavano che io avessi qualche talpa perché io avevo inventato, ma scoprii che la Procura Federale c’era veramente. Però io vivevo per il campo, non riuscivo a scansarmi per subire un gol”.

“NESSUNO MI TOGLIERÀ MAI QUESTA INGIUSTIZIA” – “Una vera risalita non ce l’avrò mai. A me il calcio manca a livello di passione e lavoro, ricomincio, ma con un’ingiustizia. Io volevo ricominciare la mia vita giocando a calcio, questa cosa pesa e peserà, non passerà mai questa ingiustizia. La Federazione ha fatto peggio, mi riallaccio e voglio dare un messaggio, voglio raccontare la mia storia, la verità che non è mai uscita fuori perché sono state dette tante cazzate e la verità negli atti c’è, tant’è che sono uscito con l’assoluzione. Tu se il ragazzo sbaglia lo devi aiutare e rientrare, devi prevenire, poi eventualmente c’è la guarigione e poi il reinserimento, perché non ha ammazzato nessuno. Io oggi ho sentito Gravina dire il discorso che i ragazzi vanno puniti ma anche aiutati rieducandoli, bellissimo discorso, ma perché nel 2011 non fu fatto?”.

“CON GIOCATORI DI B O DI C SAREBBE ANDATA DIVERSIMENTE” – “Secondo il mio pensiero con giocatori di B e di C non sarebbe andata come sta andando, qui parliamo di giocatori della nazionale. Io pagai per tutti. Fa piacere che Gravina faccia queste affermazioni, non lo so però in caso di giocatori di B e di C cosa sarebbe successo. Per ora il discorso è di immagine della Federazione, i giocatori della nazionale sono protetti per un discorso loro di immagine, altrimenti non si spiega il perché di uno sì e uno no. Siamo però tutti tesserati della Federazione, poi uno gioca in nazionale e uno in C, ma ci dev’essere linearità di trattamento”.

“IL PROBLEMA RESTERA LÌ SE NON SI INTERVERRÀ” – “A un ragazzo che inizia a giocare a calcio posso dirgli di dedicarsi al 100% al campo cercando di farsi le giuste amicizie, cosa molto difficile nel calcio. Deve soprattutto avere e conservare valori. Oggi però è difficile, perché a 17 o 18 anni puoi già guadagnare milioni di euro, non sindaco su quanti soldi ci siano, però io per esempio già con pochi soldi mi sentivo onnipotente, pensate chi gioca a livello europeo, mondiale, in squadre importanti. Io lì ho un’idea, questa inchiesta l’ha fatta uscire non la Procura, ma da una persona esterna. Il problema esiste, se non intervieni in una certa maniera resta lì. Il calcio però è una macchina che deve andare avanti e quindi va tutto chiuso nel minor tempo possibile, ma il presidente della Federazione dei tempi miei non disse le stesse cose di Gravina, io me la sono presa un po’ in quel posto. Io in questi anni ho conosciuto tanti giornalisti, posso dire che quelli dell’epoca non hanno fatto un buon giornalismo, furono sbattute foto mie in prima pagina con le manette nonostante l’obbligo di oblio, fecero cose solo per far vendere di più il giornale, era solo a scopo di lucro. Posso anche capirli, ma serve un giusto modo di intendere il giornalismo e bisognerebbe aspettare i processi prima di fare quello che è stato fatto a me. Bisogna andare a rispettare l’ordinamento giornalistico. Rispetto ad allora vedo qualcuno in più che fa il suo lavoro bene”.

“DOPO L’ASSOLUZIONE LA FIGC NON SI È SCUSATA” – “Alle istituzioni sportive, alla Federazione, direi di andare a provare a toccare con mano un discorso in cui una persona ha sbagliato, prima di andarlo a deferire e sanzionare per una durata importante. La durata del procedimento poi non può essere un mese o venti giorni, a meno che non ci sia una persona che patteggia. Cosa importante, che non fu fatta nel 2019 con l’assoluzione con formula piena, mi si poteva chiedere scusa, non si sono presentati. Io non credo all’istituzione federale, non sono stato trattato nel modo giusto, mi è stata fatta un’ingiustizia, io ho pagato per tutti quanti. Poi devo vedere altri nomi accostati alle scommesse e per loro funziona diversamente, non è così che dovrebbe funzionare. Il problema principale e che io ho pagato troppo per cose che per giunta non ho fatto. La pena data a Fagioli dimostra che la Giustizia Sportiva è questa, se si fosse chiamato in modo diverso la squalifica sarebbe stata diversa. Poi dobbiamo sempre andare a vedere il capo d’imputazione. Il nome conta tanto. Sono contento per Fagioli, ha preso poco per squalifica e gli auguro di fare un percorso per risolvere il problema. Si è andati a toccare giocatori della nazionale di squadre importanti, fossero stati di B o di C non gliene sarebbe fregato niente. Ma sono più arrabbiato per aver pagato cose che non ho fatto. È la rabbia per l’ingiustizia sportiva che mi fa parlare, ho visto compagni patteggiare e tornare in campo dopo poco tempo, io sono stato punito per aver mantenuto la mia linea, purtroppo chi è lì dentro non ha più valori”.

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