Caso Juventus, l’inchiesta sugli stipendi ha riportato in primo piano l’annosa questione plusvalenze: perchè sono un problema.
Il caso Juventus non è una questione privata. O meglio: la diatriba giudiziaria tocca da vicino i bianconeri, che rischiano tutto per aver fatto il passo più lungo della gamba, ma non esclude nessuno. Nel senso che le argomentazioni in fatto di bilanci sono molteplici e variegate e gli equilibri rispetto alle plusvalenze sono sempre stati labili. Legalmente un campo minato entro cui muoversi, praticamente un’opportunità per sanare i bilanci: la Vecchia Signora avrebbe esagerato.
Infatti la questione plusvalenza è sempre stata un tallone d’Achille nel calcio italiano: usa comune, ma responsabile. Quando si va fuori scala, allora interviene la Giustizia penale e quella sportiva. Per plusvalenza s’intende un valore aggiunto sulla rivendita di un giocatore: condizione che molto spesso viene confusa con il guadagno vero e proprio. La plusvalenza, invece, non è che un surplus sul guadagno stesso. Una cifra extra che va a rimpinguare le tasche dei club impegnati in determinate operazioni.
Juventus, nodo plusvalenze: l’intreccio bianconero secondo la Procura
Quello che si contesta alla Juve (e non solo) è usare il plusvalore come espediente per sanare i bilanci, gonfiando – questo ritine l’accusa – determinate operazioni di mercato. Dinamica che non solo non è consentita, ma prevede anche pene severe. La trasgressione, quindi, se c’è stata (e lo si appurerà alla fine dell’inchiesta) è nei valori non nei meccanismi: in altre parole, le plusvalenze sulle operazioni in entrata e uscita si sono sempre fatte. Il problema è quando “scappa la mano” di proposito perché c’è un secondo fine.
Secondo gli inquirenti, la Juventus nell’ultimo periodo avrebbe instaurato un vero e proprio metodo per ricavare introiti extra da mettere a bilancio con i trasferimenti. Facile a dirsi, meno a farsi. Figuriamoci a dimostrarlo. Motivo per cui le indagini della Procura di Torino – da cui è partita l’inchiesta Prisma – vanno avanti da mesi. Forse anni. Calcoli, schemi, attenzioni. Tutto riportato in verbali e intercettazioni.
Nella fattispecie, se un calciatore A vale 3 milioni di euro, si organizza una compravendita con un altro elemento dello stesso valore ma nella contrattazione reciproca si eleva tutto positamente: da 3 passa a 10, quello che “resta” va a bilancio delle società coinvolte. Questo sarebbe – fino a prova contraria – il “metodo Paratici” che viene contestato alla Juve nell’inchiesta: le plusvalenze si fanno, il punto è come. Modus operandi bianconero che, nello specifico, non convince il divario nelle trattative. Le operazioni si possono fare, ma senza “calcare la mano” per secondi fini.
Il rapporto fra valore e necessità: il punto dell’avvocato Afeltra
L’avvocato Roberto Afeltra, esperto in materia e determinato a fare chiarezza sul caso Juve, precisa: “L’ammenda e la diffida per i bianconeri sono rischi concreti”. Significa che ci sarebbero delle aderenze. Il ragionamento prosegue ai microfoni di TvPlay.it: “La Procura di Torino, per mia esperienza personale, è perfetta, non eccede né da un lato né dall’altro, le plusvalenze sono un problema fin dal 1942 qui in Italia, è sempre stata la tomba per qualsiasi procura nelle indagini su qualsiasi azienda. Mancano le norme”.
Insomma la volontà di sbrogliare questa matassa c’è, ma esistono tanti cavilli di cui bisogna tenere conto. Ecco perchè Afeltra chiosa inevitabilmente con una prospettiva centrale che può però spostare il peso in determinate pezze d’appoggio: “Il comma 3 dice che quando le società concordano atti illeciti c’è punizione, ma attualmente non c’è atto illecito, bisogna accertare che la scrittura privata esiste ma non è illecita, bisognerà dimostrare quando sono stati pagati e se sono stati pagati, ma anche in questi casi ci sono precedenti che dimostrano come, anche se ci sono state dilazioni, sono stati considerate lecite”. Partita, dunque, ancora aperta ma la svolta nei prossimi mesi è inevitabile.