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Mihajlovic è morto: dalla Champions alla fiducia in Gigio, addio al guerriero serbo

Sinisa Mihajlovic

Addio a Sinisa Mihajlovic, ex calciatore e allenatore classe 1969, stroncato da una malattia che lo tormentava da tempo: a Bologna la sua ultima esperienza da mister. 

Sinisa Mihajlovic lascia la moglie, i figli e tutti i suoi cari a soli 53 anni (a febbraio ne avrebbe compiuti 54). Nato o Vukovar, città atrocemente colpita da bombe e artiglieria pesante durante il conflitto nei Balcani degli anni ’90, è diventato serbo con la scissione della Jugoslavia. Ha cominciato la carriera da calciatore nel club di Borovo, poi il salto di qualità nel ’90 con la Stella Rossa di Belgrado.

Sinisa Mihajlovic
Sinisa Mihajlovic (ANSA)

Sinisa è stato uno dei più importanti calciatori serbi tra gli anni ’90 e il duemila. E per il calcio italiano è stato un punto di riferimento, specialmente per la Lazio e per l’Inter, con il quale ha chiuso la sua carriera da giocatore. Subito dopo aver appeso gli scarpini al chiodo ha cominciato una nuova avventura nello staff tecnico di Roberto Mancini, con i nerazzurri. Da lì è stata una montagna russa di emozioni, tra grandi esperienze, piccoli successi e flop. La malattia l’ha tormentato negli ultimi anni. Mihajlovic non si è mai voluto arrendere e ha continuato la sua professione anche sul letto dell’ospedale: l’unico modo per reagire e per non pensare ad altro. Proprio come quando si allenava nei campi da calcio, al sicuro, mentre la sua famiglia viveva sotto le bombe nella ex Jugoslavia. “Speravo che le mie partite e i miei allenamenti non finissero mai perché almeno in quei momenti riuscivo a stare sereno“. Aveva bisogno di distrazioni.

Dalla Champions con la Stella Rossa allo Scudetto con l’Inter

La presentazione di Mihajlovic da giocatore dell'Inter
La presentazione di Mihajlovic da giocatore dell’Inter (ANSA)

Sinisa si è fatto notare sin da subito per le sue ottime doti tecniche, di palleggio e di intelligenza tattica. Con la Stella Rossa ha conquistato una Champions League nel 1990, battendo il Marsiglia di Papin e Abedi Pelé. Arriva in Italia grazie alla Roma, club che lo accoglie due anni. La svolta arriva con la Sampdoria. Qui diventa uno specialista dei calci da fermo, un suo marchio di fabbrica che lo farà diventare famoso per il resto della carriera.

L’approdo alla Lazio nel 1998 gli permette di vincere numerosi trofei. Conquista il campionato di Serie A, due supercoppe italiane, due coppe Italia, una Supercoppa UEFA e una Coppa delle Coppe. Lascerà i colori biancocelesti nel 2004 per l’Inter, con il quale conquista altre due vittoria in Coppa Italia, una Supercoppa e uno Scudetto (quello revocato alla Juventus).

Mihajlovic allenatore: gli alti e bassi e il legame con Bologna

Nelle vesti di mister ha avuto meno fortuna. La sua carriera in giacca e cravatta comincia al Bologna nel 2008, ma l’esperienza dura ben poco. Successivamente va al Catania e vince subito il big match contro la Juventus, a Torino. A fine stagione, dopo aver raggiunto la salvezza, si dimette e lascia il club. Salirà alla guida della Fiorentina, e dopo poco più di una stagione viene esonerato.

https://youtu.be/XTVNfcrj-bI

Nel 2012 arriva subito l’opportunità da commissario tecnico: obiettivo Mondiali 2014 in Brasile. La sua Serbia, però, si deve arrendere alla Croazia e al Belgio, ben più attrezzate nel girone di qualificazione. Anche qua, nuovo fallimento e addio anticipato. Mihajlovic continua la sua carriera altalenante da allenatore e accetta la Sampdoria, con la quale riesce a togliersi più di qualche soddisfazione. Al secondo anno raggiunge addirittura il 7° posto. Si dimetterà anche a Genova nel 2015, per poi accettare l’incarico dal Milan. Impossibile rifiutare San Siro. Qui dura poco, ma le sue qualità da allenatore lo portano a fare una scelta importante e determinante. Schiera Donnarumma titolare e lo lancia tra i grandi, quando ha appena 16 anni. Il calcio italiano deve ringraziarlo.

Viene esonerato dal Milan nel 2016 e accetterà dopo la chiamata del Torino. Altri due anni con i granata con troppi alti e bassi, poi la strana avventura allo Sporting Lisbona, terminata prima di iniziare: dopo soli nove giorni viene sollevato dall’incarico. A gennaio del 2019 torna a Bologna, dove si consacra un guerriero in campo e fuori. Aiuta i ragazzi a trovare sempre una salvezza tranquilla per quattro anni di fila. E i suoi ragazzi lo aiutano a superare i terribili momenti della malattia, che scopre nell’estate del 2019. Il rapporto con la città emiliana è speciale, a tal punto che Bologna gli concede la cittadinanza onoraria nel 2021.

Mihajlovic e lotta contro la leucemia

Mihajlovic è stato colpito dalla leucemia, scoperta nell’estate del 2019 e che l’ha tenuto fuori per tutta la stagione del ritiro. A gran sorpresa, si siede in panchina all’esordio in campionato, visibilmente provato sul volto, ma pronto a vincere la battaglia in campo e fuori dal campo. Quando il peggio sembrava passato, l’allenatore del Bologna annuncia lo scorso marzo qualche segnale di allarme: l’incubo è tornato. Nuove cure, nuove visite dai dottori e nuovo ricovero. Il tecnico si assenta dai campi di Serie A per qualche settimana. Tornerà solo nel finale di stagione.

https://youtu.be/o4_0CcCqCxw

Sempre a causa delle cure, dovrà assentarsi dal ritiro estivo del Bologna, ma la società pone in lui la fiducia per cominciare una quinta stagione. Tuttavia, i risultati iniziali sono scadenti. In sei partite conquista solo una vittoria in Coppa Italia, dopo la quale fa una promessa ai tifosi: “Mi vedo ancora troppo magro, a Natale voglio arrivare a 90 kg“. A seguito dell’esonero del Bologna, si è parlato di un ritorno in panchina a Glasgow, con i Rangers. Ma la leucemia aveva altri piani per Mihajlovic, fino a strapparlo dalla sua adorata famiglia. Lo stesso Sinisa ammise che la malattia ha cambiato il suo modo di vedere le cose, di vivere le giornate: “Quando mi sono ammalato mi sono promesso di uscirne come un uomo migliore. Ora sono meno impulsivo, più riflessivo e più paziente“.

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