La Superlega torna in primo piano a due anni dalla sua nascita: quello che doveva essere un atto rivoluzionario è stato, invece, un flop.
Aprile è tempo di bilanci, con il campionato che da alcune parti (Italia compresa) comincia già a definirsi tra rimorsi e rimpianti: il calcio è lo sport più controverso perchè mescola bellezza a sgomento con una facilità che difficilmente è riscontrabile altrove. La memoria storica è importante anche per questo, nel bene e nel male è importante ricordare da dove si viene. Il 19 aprile del 2021 poteva cambiare per sempre uno sport che ha segnato epoche e generazioni: due anni fa nasceva la Superlega.
O meglio: 730 giorni dopo si dava inizio a un conflitto e una diatriba legale fra 12 club e la UEFA per mettere su un’altra competizione esterna con il solo scopo di migliorare le prestazioni e il gioco. I più forti da una parte, gli altri fuori. Una selezione che di naturale aveva ben poco, così come innaturali erano – e restano – per certi versi i bilanci di alcune squadre. Sponsor, occasioni e denaro. I tre pilastri su cui il torneo si fondava alle spalle della UEFA: Ceferin se la prese non poco e intimò alle squadre fondatrici di ripensarci.
Pena: l’esclusione dai campionati e dalle competizioni europee. Questo sulla carta, perchè chi partecipa a una Lega privata non può e non deve più godere di possibilità e tutele targate UEFA. Un concetto a tratti semplice, ma nella sostanza complicatissimo. Basti pensare che per questa idea sono rimaste a lottare – non senza pagare in prima persona – i dirigenti di Juventus, Barcellona e Real Madrid. Sui quali nel tempo, ovvero in 730 giorni, è crollato il mondo addosso.
Inchieste e accertamenti che con la Superlega non c’entrano niente, ma sono una conseguenza. La competizione non era solo un modo per radunare i più forti, ma con quei soldi – derivanti dagli incassi e gli sponsor – si sarebbero dovuti risanare bilanci da brividi. Un gelo che non è calato, anzi. È passato dai palazzi alle tribune: quasi tutte le società coinvolte in quel ginepraio ora sono attenzionate dalle autorità. Ciascuna per ragioni diverse, ma i problemi economici sono rimasti.
Il calcio è dei tifosi si leggeva sugli spalti e in campo, come leitmotiv di protesta, i sostenitori sono rimasti. Gli interpreti un po’ meno: dopo due anni le regole del gioco sono cambiate. O si interpella la UEFA, oppure le conseguenze rischiano di essere importanti. Non è una minaccia, né un’ipotesi: si tratta di un mero dato di fatto e Real Madrid, Barcellona, Chelsea, Inter, Milan, Liverpool, Manchester United e City ne sanno qualcosa. Pedine mangiate da un progetto rimasto in soffitta: i rischi del mestiere possono presentarsi a valanga. Il segreto, che diventa abilità, è saper resistere alle scosse.
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