La Roma di Mourinho è partita male, ma le scuse sono finite e nella terza stagione del ciclo dello Special One, prendere la Champions è un obbligo.
La Roma che ha collezionato a malapena un punticino in tre gare disputate non può non vedere questa partenza come un campanello d’allarme.
E non solamente per il risultato in sé, quanto anche per come il gioco di José Mourinho, arrivato al suo terzo anno in Italia, non ha ancora lasciato un’impronta indelebile nella Roma.
Due finali europee, ma l’obiettivo non è stato ancora raggiunto
Due finali europee in due anni non arrivano per caso, certamente.

Mourinho, il tempo è scaduto: lo Special One si gioca tre anni in otto mesi – TvPlay.it
In poche compagini riescono a farle e spesso serve anche investire ingenti somme di denaro per arrivare ad obiettivi di questo tipo, invece lo Special One ha prima riportato un trofeo a Roma con la Conference League e poi ha sognato di alzare anche l’Europa League, perdendola a Budapest ai calci di rigore.
A fare indiscutibilmente da contraltare, però, due sesti posti, arrivati (fra l’altro) sempre per il rotto della cuffia, in modo faticoso e rocambolesco.
Quando, nell’era Fonseca, il tecnico portoghese era stato presentato, l’obiettivo che si portava sulle spalle era quello del ritorno in Champions League, con un contratto triennale a simboleggiare il tempo che avrebbe dovuto metterci (al massimo).
E nonostante gli enormi passi in avanti in campo europeo, il club capitolino mediante il campionato non ha mai davvero insidiato il quarto posto, valevole per l’obiettivo finale.
Per questa ragione l’ultima stagione delle tre suona già come un campanello d’allarme. Perché che il mister voglia rimanere o meno alla scadenza dell’accordo, tutto partirà ugualmente dalla cernita degli obiettivi concordati ad inizio triennale.
E se è vero che Mou ha avuto a che fare con una squadra spesso penalizzata dalle aspre regole del FairPlay finanziario, comunque la famiglia Friedkin, grazie al lavoro svolto da Tiago Pinto, non ha mai mandato a casa Josè rassegnato dopo il calciomercato.
Il primo anno sono arrivati Rui Patricio, Abraham, Kumbulla, Shomurodov, Vina e Ibanez, molti di questi su richiesta esplicita del tecnico, per un totale di 127 milioni spesi.
Nelle stagioni successive sono comunque arrivati Dybala, Lukaku, Matic e Wijnaldum (poi partiti), Paredes, Renato Sanches, Aouar, N’Dicka e Belotti, tutti calciatori alle prese con dei problemini, che però possono garantire alla Roma uno status molto più elevato rispetto a prima.
È per questo che, adesso sì, il tempo di Mou è finito, così come è terminato quello delle giustificazioni: la stagione finale, la terza alla guida dei capitolini, deve essere quella del ritorno in Champions League.