Luci e ombre dell’inchiesta sul Milan e il sospetto che voglia essere soprattutto un ostacolo all’ingresso del fondo Pif nel calcio italiano.
L’annuncio riguardante l’inchiesta sulla proprietà del Milan, avviata dallaProcura di Milano e di cui si è avuta notizia pochi giorni fa, ha gettato nel panico i tifosi milanisti. Le perquisizioni effettuate dallaGuardia di Finanza nella sede del club hanno reso pubblica l’indagine sull’attuale amministratore delegato,Giorgio Furlani e su colui che gli aveva passato il testimone, il sudafricano Ivan Gazidis, ma anche su altri due manager del fondo Elliott, ovveroJean-Marc McLean eDaniela Italia.
L’accusa sostiene che ilgruppo Elliott abbia soltanto simulato la vendita del Milan aRedBird, quindi continuando a mantenere il controllo della società. Questo configurerebbe il reato di cui sono accusati Furlani e Gazidis, ovvero falsa dichiarazione sia alla Commissione di vigilanza delle società professionistiche (COVISOC), che allaFIGC. Reato che qualora fosse accertato riguarderebbe però i soli dirigenti, quindi Gazidis e Furlani, ma non il Milan.
Secondo quanto riporta la Gazzetta dello Sport, i magistrati della Procura di Milano,Giovanni Polizzi eGiovanna Cavalleri, sono “a caccia” del mediatore incaricato dal Milan a trattare con il fondo Pif, per accertare e verificare eventuali legami con Elliott, questo dimostrerebbe che il fondo di Paul Singer controllerebbe ancora il club rossonero.
Tra narrazione e realtà
Mentre si configurano quindi una serie discenari che passano dall’essere quantomeno contraddittori al non rappresentare pericoli in ambito digiustizia sportiva per il Milan, una parte di stampa dipinge un affresco da cui sembra emergere un sottotesto piuttosto chiaro. Come se non bastassero le annose questioni legate alle lungaggini relative aiprogetti per gli stadi in diverse città, l’ingresso nel calcio italiano della potenza economica rappresentata dal fondo saudita Pif sembrerebbe una minaccia da ostacolare in qualsiasi modo.
In questo casol’eco mediatica scatenata dalla perquisizione dellaGuardia di Finanza a Casa Milan, nonostante le accuse appaiano al momento quantomeno poco solide, potrebbe far sospettare che l’intento sia quello dispaventare i potenziali investitori. Investitori che, da quanto appreso, avrebbero già “pesato” i potenziali pericoli derivanti dall’inchiesta, etichettandoli come un tentativo di ostacolare la riuscita dell’affare, ma sarebbero nonostante tutto fiduciosi riguardo alla riuscita dell’operazione, che prevede l’acquisizione di una quota del al41,7% del club rossonero.
La domanda che sorgerebbe spontanea porta ragionevolmente a chiedersi chi vorrebbe impedire l’ingresso delPif nel Milan e nel calcio italiano. Un’apparente contraddizione dal momento in cui laLega Serie A non si fa problemi a stravolgere il calendario per esportare laSupercoppa Italiana e con lo stessoGoverno che ha fatto accordi e annunci anche recentissimi sullepartnership con l’Arabia Saudita, elogiandone ogni aspetto strategico. Il cerchio quindi sembrerebbe restringersi, anche se con ogni probabilità difficilmente emergeranno delle nette evidenze che possano dimostrare i suddetti sospetti.
Non è la prima volta però che Cardinale vede mettere i bastoni tra le ruote alle sue proposte di innovazione e sviluppo da applicare al calcio italiano. Infatti già lo scorso settembre, dopo mesi di trattative che volgevano al ribasso per la cessione dei diritti tv, il proprietario del Milan si era detto deluso dell’esito negativo alle sue proposte per una piattaforma della Serie A dopo aver anche messo a disposizione i suoi consolidati rapporti con partner come Apple, Amazon, Paramount, Disney, Espn e Fox. Idea caduta nel nulla alla quale è seguito il ritorno a sorpresa con Dazn. Mossa che ha suscitato non poco disappunto (per usare un eufemismo) da parte soltanto di una sparuta minoranza di proprietari di altri club, per quella che di fatto si è rivelata l’ennesima occasione mancata su un tema chiave per l’evoluzione del sistema calcio in Italia.